APPROFONDIMENTI TEMATICI / GROTTE E IPOGEI COME LUOGHI INIZIATICI E SIMBOLICI / MICROCOSMO, MACROCOSMO E MISTICA DELLA LUCE NEL VENTRE DELLA TERRA

Microcosmo, macrocosmo e mistica della Luce nel ventre della terra / La croce del Sole e il viaggio dell'Anima nella Tomba Ildebranda a Sovana

La più monumentale tra le tombe della ricchissima necropoli di Sovana, risalente al IV-III sec. a. C., così chiamata in onore di Papa Gregorio VII (al secolo Ildebrando di Soana), si presenta sorvegliata da due leoni scolpiti nel tufo e sovrastata da una doppia scalinata e un prònaos di dodici colonne (sei frontali e tre per ogni lato, di cui solo una oggi residua), che recavano sui capitelli i volti e gli attributi delle divinità etrusche. La struttura è tripartita in tempio superiore, dromos, e due camere sepolcrali, di cui una con la volta a finti lacunari formati da tre rettangoli concentrici (la cosiddetta “triplice cinta”) e l’altra con pianta cruciforme e volta a finti spioventi. L'intera struttura riflette la tripartizione dell'universo e dell'uomo secondo la concezione degli etruschi: gli ambienti sotterranei evocano gli ìnferi o “mondo di sotto” e le profondità interiori, il dromos la terra, o “mondo di mezzo” e la coscienza ordinaria, mentre il tempio sovrastante indica il cielo o “mondo di sopra” e i livelli superiori di coscienza. (Fig. 8)

Fig. 8 | Necropoli Etrusca di Sovana, Sorano (Gr)


L'orientamento del complesso monumentale conferma la sua funzione di ideale porta verso l'aldilà e fa anche sì che questo splendido ipogeo si trasformi in una ideale croce solare, tenendo conto delle varie stazioni dell'astro nel corso del ciclo annuale. Al solstizio d'estate, infatti, il sole del mattino illuminava tutte e dodici le colonne del pronao, ma si fermava sulla soglia dell'ipogeo, indicando così la massima espansione dell'energia vitale, ma nel contempo la minima possibilità di penetrarne i misteri.

In questa fase del loro percorso (che corrisponde alla giovinezza), infatti, le Anime aderiscono totalmente al “mondo di sopra” e rifuggono l'interiorità. È quella che gli antichi chiamavano “Porta degli uomini” o ”infanzia dell'Anima”. Agli equinozi di primavera e d'autunno, l'astro diurno illuminava nove delle dodici colonne (le sei frontali e una e mezza per ogni lato), ma penetrava fino al centro dell'ambiente ctonio, dividendolo idealmente in due parti uguali di luce e di tenebra. In questo tempo i “due mondi” si toccano e le Anime raggiungono idealmente la loro maturità, vivendo in pari misura nell'interiore e nell'esteriore. Ma è solo in corrispondenza del solstizio d'inverno - il giorno più corto dell'anno - che, per pochi minuti, la lama del sole giunge a “baciare” il fondo della camera sepolcrale centrale, anche se all'esterno solo sei colonne risultavano illuminate. L'interiorità è totalmente penetrata. Siamo sulla soglia della morte, che però è anche rinascita: la “porta di Dio”, in cui il cristianesimo – non a caso – sceglierà di festeggiare il Natale.