APPROFONDIMENTI TEMATICI / GROTTE E IPOGEI COME LUOGHI INIZIATICI E SIMBOLICI

TRA PUGLIA E TOSCANA: GROTTE E IPOGEI COME LUOGHI INIZIATICI E SIMBOLICI

Le caverne sono state considerate, sin dalla preistoria, luoghi per molti aspetti magici, autentici condensati di simboli e scenari ideali per i riti di iniziazione. Non solo rifugi sicuri dalle minacce esterne e dalle intemperie, ma anche santuari in cui celebrare la ierogamia: l'unione sacra tra il principio attivo maschile, sotto forma di luce filtrante, e il principio ricettivo femminile, rappresentato dal ventre accogliente di madre terra, vero e proprio utero di morte e rinascita, luogo di passaggio tra i “mondi” in cui sgorgano acque ritenute, dai nostri avi, capaci di guarire i mali del corpo e dell'anima e di propiziare la fecondità.

Nella Puglia - terra da sempre povera di fiumi - il culto delle acque sorgive ipogee era particolarmente sentito sin dalla preistoria, come testimoniano i ricchi ritrovamenti archeologici delle grotte Paglicci a Rignano Garganico, Romanelli a Porto Badisco e “delle Veneri” a Parabita, o dell'ipogeo Scaloria a Manfredonia. Ed è sempre in ambienti sotterranei che gli antichi Messapi adoravano il potente dio Taotor, signore della Luce e dei fulmini, cui era dedicata un’iscrizione nella c.d. “grotta della Poesia” di Roca vecchia e la Grande Madre propiziatrice delle nascite e dei raccolti, signora degli animali e dell'oltretomba, sotto forma di Artemide orthia, protettrice delle partorienti, o di Demetra malophoros (“portatrice di melograno”), patrona delle messi, di cui si celebravano i culti nella grotta Porcinaia al capo di Leuca, nella grotta di Agnano a Ostuni e nell'antro di monte Papalucio, nei pressi di Oria.

Greci e romani rispettarono e, in molti casi, frequentarono e fecero propri questi luoghi di culto, adattando solo al proprio pantheon i nomi delle divinità, per cui Apollo o Giove con la folgore presero il posto di Taotor, Diana di Artemide e Cerere di Demetra.

Con l'avvento del cristianesimo, nonostante la forte riprovazione verso i culti pagani, quando non fu possibile distruggere o occultare questi antri materialmente, o mediante la damnatio memoriae, la scelta operata fu quella prudentemente indicata da Papa Gregorio Magno: inglobare le grotte nelle chiese, trasformandole in cripte rupestri, o convertirle in luoghi di culto cristiani, laure, cenobi o eremitaggi, grazie alla penetrazione capillare dei monaci, soprattutto basiliani nelle aree di rito greco e benedettini in quelle di rito latino.

Così il culto in grotta della Vergine Maria come protettrice dei raccolti e patrona delle nubende e delle partorienti si sovrappose a quello delle dee madri pagane e la figura maestosa di San Michele taumaturgo, psicopompo e capo delle milizie celesti prese il posto del divino guaritore Asclepio, del potente Taotor, o di Apollo, signore della Luce, vincitore del serpente Pitone.

In Toscana la transizione tra civiltà etrusca, romana e cristiana avvenne prevalentemente nello stesso modo: per sovrapposizione.

Gli etruschi davano enorme rilievo agli ambienti ipogei come luoghi di sepolture, culto, iniziazione e celebrazione dei riti di fertilità, morte e rinascita. Per questo scavarono nel tufo immense necropoli con templi e tombe monumentali e crearono labirinti, vie cave e cunicoli destinati al culto delle divinità della terra e delle acque e ad indicare simbolicamente alle anime dei defunti la via da percorrere nel viaggio verso l'aldilà e ai vivi il cammino per la purificazione.

Nell'era cristiana, in alcuni casi, questi luoghi furono dimenticati e sepolti, per essere riscoperti solo in tempi recenti attraverso l'indagine archeologica, ma in molti altri divennero, a tutti gli effetti, luoghi di culto cristiani, come le vie cave di San Rocco a Sorano, San Sebastiano a Sovana e San Giuseppe a Pitigliano, ricoperte di croci graffite e attraversate dai fedeli nelle ricorrenze dei rispettivi patroni con le fiaccole accese, in assoluto silenzio, o al canto ritmato delle salmodie.